Il calcio moderno è
standardizzato: costruzione dal basso; pressing asfissiante; possesso
palla. Il dribbling è abolito, la fantasia è considerata un inutile
orpello. Comanda l'allenatore e il modulo, non sono ammesse deroghe,
il calciatore deve adempiere ai suoi doveri tattici, non può
sprigionare il suo talento. Eppure c'è chi dice no. Chi si affida al
suo estro. Neymar da Silva Santos Junior è tornato in
Brasile. Il suo Santos affrontava l'Inter de Limeira. Il pubblico
avversario lo ha beccato pesantemente. Lui li ha provocati,
invitandoli ad alzare il tono delle loro urla, mentre si apprestava a
battere un calcio d'angolo. E via, ha calibrato una parabola
fantastica, ha segnato il classico gol olimpico, direttamente dalla
bandierina. Il suo piede fatato ha impresso una traiettoria sublime e
imparabile, portiere ingannato e il pallone si è infilato nel palo
lontano. Jamal Musiala,
nella vittoria del Bayern contro l'Eintracht, ha segnato una rete
favolosa quella del 3 a 0. È partito da centrocampo. Ha danzato come
una piuma tra gli avversari, è arrivato in area, è caduto, si è
rialzato con leggerezza e prontezza, e di sinistro ha trafitto il
portiere. Calcio puro: l'istinto appaga l'estetica; il gesto esprime
la bellezza, estemporanea e non ripetibile. Lo schema è fallace, è
l'ambizione che diventa superbia. Si vuole controllare ciò che deve
essere libero.
CALCIO INTERNAZIONALE

Neymar e Musiala, quando il calcio è libero e bello