Se ne dicono e se ne leggono tante, in queste ore sul Milan, e ci sta. Le
ultime due sconfitte in campionato, contro squadre che, in
classifica, si trovavano dietro o appaiate ai rossoneri, non potevano
che provocare un terremoto dalle parti di via Aldo Rossi. Non solo:
domani, per Milan-Lazio, è prevista una dura contestazione. Ne
avevamo già avuto un anticipo a Bologna, giovedì sera, con i tifosi
che si erano presentati senza i tradizionali striscioni, intonando
cori di contestazione alla squadra, che ci giungevano affievoliti in
tribuna stampa per il grande entusiasmo degli appassionati di casa,
che avevano riempito lo stadio in tutti gli ordini di posti.
Commentatori e influencer si sono lanciati in analisi e previsioni,
come normale in questi casi: quando le cose nello sport vanno male,
del resto, si guarda verso il futuro, che per il tifoso è da sempre
valvola di sfogo e speranza di rivincita. Non è un mistero che
visualizzazioni e audience televisive siano maggiori quando si parla
di mercato: il tifo è aspettativa, il presente è un attimo, il
passato invecchia. E, mai come in questi casi, lo sport è metafora
della vita. Avevamo scritto delle parole di Sérgio Conceiçao in
sala stampa al Dall'Ara: in molti, noi compresi, ci hanno letto i
sentimenti di un allenatore consapevole di essere alla fine del
proprio rapporto con la società rossonera, al termine della
stagione. Altri, addirittura, hanno ipotizzato che il tecnico
portoghese possa gettare la spugna anche prima, nonostante una
semifinale di Coppa Italia (contro l'Inter, tra l'altro) ancora da
giocare: l'arrivo di Mauro Tassotti, grande protagonista del Milan
del secolo scorso fin dagli anni bui della retrocessione,
ufficialmente a puntellare Milan Futuro (altro progetto rossonero in
enorme difficoltà), ma personaggio sovradimensionato per quella
realtà, potrebbe essere prodromico a una scelta clamorosa. Abbiamo i
capelli grigi, e una lunga militanza da appassionati di calcio: ma
una scelta del genere, nel Milan, vale a dire sostituire l'allenatore
due volte in una stagione, non ce la ricordiamo. Per il prossimo
anno, qualcuno ha fatto il nome, oltre che dei soliti italiani liberi
da impegni, di Cesc Fabregas. Chi ci legge abitualmente sa che siamo
abbastanza pratici di cose comasche, frequentando il Sinigaglia in
prima persona: e, in questa veste, ci sentiamo di escluderlo. Il
catalano vive in una dimensione, e soprattutto in un club con una
filosofia la quale, agli occhi di chi la guarda da fuori, potrebbe
risultare abbastanza incomprensibile. La proprietà del Como guarda a
lungo termine, e Cesc (che ne fa parte, tra l'altro) ha sposato in
pieno il progetto. Se a Como arriverà lo stadio nuovo, il giorno
dell'inaugurazione non potrà esserci nessun altro che lui, in
panchina. Ha attirato in riva al Lario giovani promettenti, sta
costruendo una cosa nuova, ha un budget fuori misura per una realtà
calcistica del genere. E, adesso, inizia a raccogliere i frutti di
una proposta di gioco forse visionaria per molti, ma non per lui.
Cesc Fabregas lo vedremo a San Siro, certamente: tra qualche
settimana, quando verrà a giocare contro il Milan alla guida del suo
Como.
CALCIO ITALIANO

Perché non sarà Fabregas a sostituire Conceicao