Ho diviso la prima sfida tra Ambrì Piotta e Kloten in 3 parti.
La prima in tribuna, la seconda assieme alla stampa, la terza ascoltando la cronaca del duo Chiello/Kohler alla TV. Ed ho assistito a tre partite diverse, quasi nessuna connessa con le altre. E mi sono immedesimato nei giocatori, negli allenatori, in questa stagione dove per leventinesi ed aviatori raggiungere il sogno dei playoff è stata una lunghissima volata. Come chiedere ad un centometrista di far di una maratona una serie di scatti e controscatti. Anche a livello mentale, non solo fisico.
La prima in tribuna, la seconda assieme alla stampa, la terza ascoltando la cronaca del duo Chiello/Kohler alla TV. Ed ho assistito a tre partite diverse, quasi nessuna connessa con le altre. E mi sono immedesimato nei giocatori, negli allenatori, in questa stagione dove per leventinesi ed aviatori raggiungere il sogno dei playoff è stata una lunghissima volata. Come chiedere ad un centometrista di far di una maratona una serie di scatti e controscatti. Anche a livello mentale, non solo fisico.
La sensazione dopo la prima partita è che entrambe le squadre siano così vicine da essere a volte molto “lontane” proprio per i limiti che ovviamente ne hanno decretato il non accesso diretto ai playoff. Ma, contemporaneamente, capaci anche di “superarsi”, come spesso l’Ambrì ha fatto in stagione, per risorgere come una fenice da momenti difficili. E sembrava il caso anche stavolta, col ritorno dal 1-4 al 4-4, non fosse per la beffa finale di Simic. Sì, beffa, che però al 40esimo tutti avrebbero accolto con cauto ottimismo se si fosse detto: “a Kloten parti da -1”.
Alla fine l’analisi lucida di Luca Cereda sintetizza la situazione: “Abbiamo dato più battaglia nel terzo tempo, dovremo fare un ulteriore passo avanti a Kloten, ma non credo nella stanchezza fisica ma in quella mentale, siamo esseri umani e ci siamo portati appresso all’inizio un po’ di ruggine”.
E aggiungo, servirà quella famosa “disperazione” che ha spesso visto l’Ambrì emergere in stagione e chissà, magari, varrà anche stavolta. Come detto, dopo la prima sfida col Rapperswil è 50% a testa, ma intanto è 5-4 per il Kloten. Ma, come detto (nuovamente) dopo martedì scorso, i leventinesi in stagione hanno fatto spesso bene in trasferta e in fondo hanno giocato meglio a Rapperswil che alla Gottardo Arena, risultato a parte nei 60 minuti regolamentari.
Alla fine l’analisi lucida di Luca Cereda sintetizza la situazione: “Abbiamo dato più battaglia nel terzo tempo, dovremo fare un ulteriore passo avanti a Kloten, ma non credo nella stanchezza fisica ma in quella mentale, siamo esseri umani e ci siamo portati appresso all’inizio un po’ di ruggine”.
E aggiungo, servirà quella famosa “disperazione” che ha spesso visto l’Ambrì emergere in stagione e chissà, magari, varrà anche stavolta. Come detto, dopo la prima sfida col Rapperswil è 50% a testa, ma intanto è 5-4 per il Kloten. Ma, come detto (nuovamente) dopo martedì scorso, i leventinesi in stagione hanno fatto spesso bene in trasferta e in fondo hanno giocato meglio a Rapperswil che alla Gottardo Arena, risultato a parte nei 60 minuti regolamentari.
Insomma, c’è rammarico, c’è delusione per i molti errori (ed episodi) del periodo centrale, c’è frustrazione per il gol incassato alla fine per colpa di una penalità evitabile, ma c’è anche la consapevolezza che al Kloten si può segnare, si possono scoprire anche i punti deboli degli aviatori, a iniziare da un Weber non sempre convincente al 100% tra i pali.
Si sono viste 3 partite diverse nei primi 3 tempi. Ne restano altri 3 (o più), dove tutto potrà accadere. E, come scritto dopo la sfida numero uno contro il Rapperswil, ribadiamo le stesse parole spese a fine incontro anche stavolta da Paolo Duca: “Loro fanno forechecking alto, pattinano molto, dovremo essere bravi a essere più attivi, mettere dischi sulla porta, presentarci come nel terzo tempo, con la mentalità vincente. Andare là per vincere”.
Sono i classici "mantra" dell'hockey. Ma quando si è così vicini come valori in pista, è proprio questa somma di piccoli dettagli che alla fine fa la grande e unica differenza tra vittoria e sconfitta.
Si sono viste 3 partite diverse nei primi 3 tempi. Ne restano altri 3 (o più), dove tutto potrà accadere. E, come scritto dopo la sfida numero uno contro il Rapperswil, ribadiamo le stesse parole spese a fine incontro anche stavolta da Paolo Duca: “Loro fanno forechecking alto, pattinano molto, dovremo essere bravi a essere più attivi, mettere dischi sulla porta, presentarci come nel terzo tempo, con la mentalità vincente. Andare là per vincere”.
Sono i classici "mantra" dell'hockey. Ma quando si è così vicini come valori in pista, è proprio questa somma di piccoli dettagli che alla fine fa la grande e unica differenza tra vittoria e sconfitta.
(PostFinance/KEYSTONE/Ti-Press/Andrea Branca)