CICLISMO
Del Toro e la storia del Grande Toro
Pubblicato il 20.03.2025 08:41
di Silvano Pulga
Durante la conferenza stampa di fine corsa, dopo la Milano-Torino, nella splendida cornice del convitto della Basilica di Superga, presente il vincitore Isaac Del Toro, un collega ha giocato con le parole, accostando il cognome del corridore con la squadra del Torino (chiamata dagli appassionati, come noto, Il Toro), il cui nome è legato per sempre alla collina dove sorge il monumento che citavamo sopra, e teatro, nel secolo scorso, di una delle più grandi tragedie legate non solo al calcio, ma allo sport in generale.
L'atleta, che è giovanissimo (classe 2004),di nazionalità messicana e, per sua ammissione, non appassionato di calcio in generale e di quello italiano in particolare, non conosceva però la storia del Grande Torino e ciò che accadde nella località di arrivo della corsa, il 4 maggio 1949. Hanno così provveduto i presenti a raccontargliela.
In precedenza, in attesa dell'arrivo dei corridori, e pur essendoci già stati in altre occasioni, abbiamo approfittato dell'opportunità regalataci dall'essere inviati sul posto per una visita al Sacrario dedicato ai giocatori granata e alle altre vittime della tragedia, tra i quali alcuni grandi esponenti del giornalismo sportivo dell'epoca (e non solo): Renato Casalbore, fondatore di Tuttosport, Renato Tosatti e Luigi Cavallero, protagonisti di un'epoca dove lo sport viveva, soprattutto, attraverso il racconto della carta stampata che, a volte, si tingeva di leggenda. 
Oggi, l'austerità del luogo è in qualche modo ingentilita da un gran numero di sciarpe e gagliardetti lasciati da centinaia di appassionati che passano di qua in pellegrinaggio, soprattutto in occasione delle partite delle loro squadre del cuore contro il Torino o la Juventus. Noi, nel nostro attimo di raccoglimento dedicato a quella squadra indimenticabile, non abbiamo potuto che ricordare il racconto che ne faceva nostro padre, il quale vide quella squadra giocare dal vivo al vecchio San Siro, all'epoca con un solo anello (il raddoppio avvenne alcuni anni dopo, nel 1955), quando era ancora un bambino. Perché il Grande Torino visse in un'epoca dove non esistevano la rete e neppure la televisione, e la sua leggenda è stata soprattutto tramandata a voce e con le cronache giornalistiche di allora, supportate da poche immagini. Nostro padre, quando parlava di Valentino Mazzola e dei suoi compagni di squadra, sosteneva che, se quel Torino fosse andato, con la maglia azzurra, in Brasile, nel 1950, il Maracanazo lo avrebbero fatto loro, e non l'Uruguay di Juan Alberto Schiaffino e dei ticinesi Alcides Ghiggia e Roque Máspoli. O, magari, la Coppa Rimet se la sarebbero giocata proprio la Celeste contro gli Azzurri. Chissà.   
(Foto SP)