L’era Dan Tangnes è terminata. Lo Zugo non ha avuto nessuna chance nella serie dei quarti di finale contro il Davos. L’allenatore avrebbe meritato decisamente un’altra uscita di scena, ma lo sport a volte è brutale e bisogna accettare i verdetti. Il norvegese in questi 7 lunghi anni è stato decisamente il coach che più di ogni altro ha lasciato una tangibile impronta nel nostro campionato: due titoli vinti, una Coppa svizzera, un’ulteriore finale di campionato raggiunta e tante regular season ad alti livelli. Tangnes ha portato una grande cultura, ha saputo assemblare e gestire una squadra forte, che prima del suo avvento non riusciva mai a compiere l’ultimo passo. Il 46enne ha lanciato e forgiato la carriera di tanti giovani talenti e ha avuto anche il merito di “formare” Josh Holden, suo assistente per diverse stagioni. L’attuale coach del Davos è proprio stato colui che ha messo fine all’avventura elvetica del suo maestro. Tangnes si è inoltre sempre distinto per la sua grande signorilità e disponibilità. Esemplare, paziente e mai banale nelle sue analisi. Un grandissimo comunicatore insomma, oltre che uno stratega capace di dare struttura e organizzazione al suo team. Ora tornerà in Svezia ad allenare il Rögle, ma la speranza è che un giorno farà rientro in Svizzera a esercitare la sua professione. Già, perché Tangnes è stato un vero valore aggiunto per il nostro movimento.
La coreografia gigante, uno splendido omaggio dedicatogli dalla Herti Nordkurve in occasione della sua ultima partita casalinga, dice tutto su quanto sia stato amato e rispettato. “Came as nobody, left as a hero”, così recitava lo striscione dei fans. È proprio vero. Quando arrivò nella Svizzera centrale, c’erano diversi dubbi sulla bontà della scelta dell’Evz. Il tecnico, appena 39enne, non aveva molta esperienza rispettivamente un grande curriculum. Con il suo know-how e la sua simpatia è riuscito a conquistare tutti, diventando appunto un punto di riferimento e un esempio per diversi colleghi. E questo vale ancora di più dei titoli vinti.
La coreografia gigante, uno splendido omaggio dedicatogli dalla Herti Nordkurve in occasione della sua ultima partita casalinga, dice tutto su quanto sia stato amato e rispettato. “Came as nobody, left as a hero”, così recitava lo striscione dei fans. È proprio vero. Quando arrivò nella Svizzera centrale, c’erano diversi dubbi sulla bontà della scelta dell’Evz. Il tecnico, appena 39enne, non aveva molta esperienza rispettivamente un grande curriculum. Con il suo know-how e la sua simpatia è riuscito a conquistare tutti, diventando appunto un punto di riferimento e un esempio per diversi colleghi. E questo vale ancora di più dei titoli vinti.
(KEYSTONE/Philipp Schmidli)