“Il mio nome è
Ayrton Senna e faccio il pilota. E corro veloce per la mia strada”.
Così cantava Lucio Dalla a proposito di Ayrton Senna, nato il 21
marzo 1960. La pista gli ha concesso l'immortalità, la pista gli
tolse la vita il 1° maggio del 1994, si correva a Imola. Il
brasiliano aveva occhi neri e profondi, il suo sguardo era
penetrante, sembrava un esistenzialista. Erano i tempi in cui le
monoposto si guidavano ancora, e il pilota doveva compiere scelte,
doveva essere un artigiano e un artista. L'autovettura aveva ancora
un volante, e non era una pulsantiera. Senna guidava con una
sensibilità raffinata che oltrepassava l'ordinario e diventava
magica. Che cosa rimane di lui? Un ricordo indelebile. È uno di quei
sportivi che capaci di superare la storia e diventare leggenda. Chi lo ha
visto correre lo ricorda con nostalgia e affetto, chi ne ha sentito
parlare cerca le immagini delle sue imprese. Era un generoso, conscio
del talento di cui era dotato, ringraziava per le opportunità che
aveva ricevuto, e intendeva restituire simili doni. Dichiarò, dopo
il Gran Premio del Giappone del 1988, di aver visto Dio al suo fianco
sulla griglia di partenza. E sulla sua tomba, l'epitaffio recita:
“Nada pode me separar do amor de Deus”, ossia: “Niente
può separarmi dall'amore di Dio”.
Automobilismo

Come correva veloce Ayrton Senna