Di Carouge conserviamo quell’esaltante ricordo (possiamo ben dirlo) di una sessantina di anni fa con Leandro Rossini (in una nostra foto scattata al Comunale qualche tempo fa) assurto al ruolo di ‘eroe’ per avere parato a due riprese un calcio di rigore in favore dei ginevrini che l’arbitro aveva fatto ripetere. Rigore già in origine dubbio, ma che il signor Scheurer di Bettlach, un ‘mangia’ ticinesi, così si disse allora, aveva fatto ripetere.
L’incontro metteva in palio per il Bellinzona (sceso in campo con Rossini, Novaresi, Castelli, Rebozzi, Bionda, Paglia, Pellanda I (Tagli), Guidotti, Nembrini, Ruggeri, Pellanda II) la promozione in Divisione nazionale A. Sul risultato di 1-1, rete di Flavio Tagli in rimonta al minuto 35 della ripresa (ai ragazzi allenati dal maestro’ Augusto Sartori, già giocatore di vaglia, bastava un pareggio), l’ineffabile Scheurer a un minuto dalla fine aveva fischiato un rigore, calciato da Ranzoni, rigorosamente deviato da Rossini. Baci e abbracci ma l’arbitro tra lo stupore delle centinaia di tifosi granata, fece ripetere il tiro dagli 11 metri. Al fatidico dischetto si presenta Gilbert Rey (ex ACB) ma anche questa volta Rossini, volando da un palo all’altro, abbranca il pallone.
Per la cronaca va detto che all’Etoile per salvarsi dalla retrocessione in Prima divisione occorrevano i 2 punti (avrebbe superato in classifica il Moutier). I ginevrini furono retrocessi insieme al Vevey, mentre il Ticino festeggiava la doppia promozione di Lugano (37 punti) e Bellinzona (34). Tornando a Rossini i nostri quotidiani, al di là del doppio ‘exploit’, ne descrissero soprattutto le sue qualità umane: “Atleta serio e modesto, davanti a lui, anziano (figuratevi, Leandro non era neanche trentenne - ndr) i giovani si sono sentiti più forti, più saldi”. Oggi l’ex agente di polizia (cantonale) sarebbe passato sotto le luci della ribalta da ‘eroe’. All’epoca i commenti furono invece ‘slavati’. Sempre per la cronaca ricordiamo che la squadra tornando a casa creò una lunghissima colonna di macchine prima di venire accolta entusiasticamente tra le mura cittadine gremite di gente. Ma la cosa più importante era l’ammirevole dedizione che giocatori come Leandro, Renzo, Michele, Flavio e tutti gli altri dimostravano all’ACB (alcuni giocatori di oggi dovrebbero prenderne l’esempio). Amore che ovviamente era riversato sulla città dagli stessi tifosi (il discorso vale anche per loro: è deplorevole disertare lo stadio in questo momento delicatissimo!).
Un caro collega, Armando Libotte, persona che vive nel ricordo (incancellabile) di tutti coloro che lo hanno conosciuto (e di quanti ci hanno lavorato assieme, come noi) dava un’importanza considerevole all’amor di casacca. Sottolineava in particolare lo spirito di quegli atleti, in gran parte giovani, che animano le società. Scriveva, Armando: “L’amore a favore della vecchia maglia, meno bella delle nuove, deve sempre vivere in tutti coloro che praticano uno sport”. Il calcio vive di sentimenti e di bandiere. Ce lo insegna la storia. Ieri come oggi. Non se lo scordino città e tifosi.