CALCIO ITALIANO
Arbitri, stampa e fair-play
Pubblicato il 10.04.2025 07:14
di Silvano Pulga
Hanno fatto scalpore, nella vicina Penisola, le dichiarazioni rilasciate dall'arbitro Marco Guida di Torre Annunziata (comune facente parte della Città Metropolitana di Napoli) rispetto alla sua volontà di non voler arbitrare partite disputate dalla SSC Napoli, in casa o in trasferta, dopo la fine del cosiddetto "vincolo di territorialità". Un'ammissione di tifo, e la consapevolezza di non saper essere, nel caso, super partes? Nulla di tutto questo, in una scelta che ha condiviso con un altro fischietto di origine partenopea, Fabio Maresca. Queste sono state le giustificazioni rispetto a questa opzione controversa: "Nessun retropensiero, il nostro designatore arbitrale Gianluca Rocchi può scegliere il miglior arbitro per la miglior partita. (...) Sia io che Fabio abbiamo deciso di non arbitrare a Napoli poiché il calcio viene vissuto in maniera diversa da altre città come Milano (...). Io vivo la città di Napoli e abito in provincia. Ho tre figli e mia moglie ha un’attività (...). Quando ho commesso degli errori non era così sicuro passeggiare per strada così come andare a fare la spesa. Pensare di sbagliare ad assegnare un calcio di rigore e di non poter uscire due giorni di casa per svolgere le mie attività sportive non mi fa sentire sereno. L’AIA ci ha dato piena libertà di poter arbitrare qualsiasi squadra in qualsiasi momento" (Eurosport.it).
Logico che un fatto del genere non potesse rimanere senza eco, soprattutto oltre confine. Non è finita lì, perché Marco Guida, nell'esprimere solidarietà a tutti gli arbitri fatti oggetto di aggressioni, soprattutto nei campi di provincia, ha poi attaccato violentemente la stampa, accusata di indicare l'arbitro come un nemico. Anche noi abbiamo visto il filmato del recente episodio, accaduto in Sicilia, dove è rimasto coinvolto un giovanissimo direttore di gara, Diego Alfonzetti. Si vede il ragazzo inseguito da un nugolo di persone cadere e scomparire, poi in mezzo a questi energumeni scatenati, pubblico e giovanissimi giocatori, in una scena che ricorda più un linciaggio da Ku Klux Klan che una partita di calcio. Si ha la sensazione netta che nessuno di quelli che gli stanno addosso tenti di difenderlo, come ogni adulto genitore dovrebbe fare, vedendo un coetaneo del figlio in pericolo. Ne abbiamo una, pressappoco della stessa età, e abbiamo tremato all'idea che, con indosso quella giacchetta gialla, ci potesse essere lei.
Va detto: la critica all'operato dei direttori di gara è legittima. Se si può valutare la prestazione di un giocatore che fallisce un gol, di un portiere che ne subisce uno evitabile, non si capisce perché non si possa dire che un arbitro ha commesso un errore di valutazione rispetto a un episodio. Dopodiché, ci sono limiti che non devono essere oltrepassati, ovviamente, e bene ha fatto la Federazione Ticinese di Calcio, tempo fa, in occasione di episodi di violenza accaduti sui nostri campi, a prendere una posizione netta e decisa. Noi continuiamo a credere che esista una via corretta di vivere lo sport, dove i tifosi tifano e commentano, i protagonisti giocano, allenano, arbitrano e fanno i dirigenti, e i giornalisti criticano. Nell'esprimere solidarietà a Marco Guida, e condividendo le sue parole, possiamo citargli pure le aggressioni subite da alcuni professionisti dell'informazione. Alcune, va detto, anche da noi.