È in attesa di una chiamata, dopo che l’avventura
con l’Yverdon si era conclusa il 14 dicembre, con la sconfitta interna contro
il Sion. La squadra era al terz’ultimo posto, ma alla società, ovviamente non
bastava. Così, dopo ulteriori 14 giornate di campionato, con Paolo Tramezzani
in panchina, si trova al …penultimo, appaiata con il Grasshopper. E con il
rischio di uno spareggio pericoloso da affrontare contro la seconda della Challenge
League.
Ogni tanto, con la mente, Alessandro Mangiarratti, torna su quell’esonero, com’è normale che sia:
“Ho fatto ovviamente un’analisi e alla fine, nonostante tutto, la responsabilità è comunque mia. Ci sono mancate un paio di vittorie in casa”.
Ci sono però anche delle attenuanti:
“Abbiamo iniziato la stagione con una squadra incompleta, con giocatori che non conoscevano il campionato e con qualche infortunio di troppo. E poi c’è stata la vicenda di Kevin Carlos, alla fine venduto al Basilea”.
All’Yverdon, nel frattempo, è arrivato anche Marchesano:
“È un giocatore che cambia il volto alle squadre. Ma adesso sono rientrati anche diversi elementi che erano fuori per infortunio: spero davvero che si salvino”.
Lontano dal campo, bisogna comunque restare aggiornati:
“Una volta era più facile fare visita ad altri allenatori, ora non ti fanno più entrare così facilmente. Esiste un po’ di sana “gelosia”, com’è normale che sia”.
Allo stadio o in televisione, ci sono comunque modelli da seguire, vere e proprie fonti d’ispirazione:
“Guardiola lo si guarda sempre, ma a me, quest’anno, piace particolarmente il Liverpool di Slot. Un po’ diverso da quello di Klopp, almeno nel modo di difendere. E poi c’è Arteta, che non è proprio una novità, ma che adesso, con il suo Arsenal, sa anche difendere basso”.
Il lavoro dell’allenatore è difficilissimo: anche Ancelotti, in queste ore, è fortemente criticato.
“Come ha detto Croci-Torti recentemente, ormai ci si dimentica di cosa si è fatto l’altro ieri. Nel calcio a vincere è soltanto uno, ma vanno dati grandi meriti a chi nel tempo è riuscito a costruire qualcosa”.
Domenica Mangiarratti era a Cornaredo ad assistere a Lugano-San Gallo:
“Ho visto un Lugano che nonostante le difficoltà non si snatura. Come dice il Crus, faticano un po’ a buttarla dentro e poi prendono gol per colpa di piccoli dettagli: è un momento così, in cui magari manca un po’ di fiducia. Ma era importante qualificarsi per il girone finale: ora l’obiettivo dev’essere quello di ottenere un posto in Europa”.
Bianconeri che sono bersagliati, ormai da tempo, dagli infortuni:
“Nel calcio moderno, la gestione dei carichi è una delle cose più difficili. Quando si hanno così tanti infortuni, si analizza la casistica e tra staff medico e chi gestisce la preparazione fisica, si cerca di capirne i motivi. Non è sempre facile trovare delle soluzioni, anche perché a volti si è confrontati con giocatori predisposti agli infortuni”.
È importante anche l’aspetto mentale, vero?
“Assolutamente. A volte, quando si gioca di meno, si è più rilassati ma magari anche un po’ meno concentrati. Comunque, non è mai facile individuare le vere cause”.
Una cosa è certa: avere una panchina importante, può essere fondamentale:
“Con i cinque cambi, oggi la panchina è determinante. L’allenatore può cambiare mezza squadra: a volte la freschezza di chi entra può modificare l’esito di una partita. Ricordiamo a Lugano, Amoura, che quando entrava nell’ultima mezz’ora, spezzava le partite da solo. Adesso mancano anche Mahou e Bottani, per non parlare di Belhadj a centrocampo, tutti elementi importanti per Croci-Torti”.
Negli scorsi giorni si è parlato tanto anche della rissa in allenamento tra Steffen e Papadopoulos:
“Sono cose che, per fortuna, capitano. Dico per fortuna, perché significa che in squadra c’è energia. Ovviamente va canalizzata, però significa che la squadra è viva. Sia da allenatore che da giocatore ho vissuto tanti di questi episodi: a volte si vengono a sapere, altre no, dipende spesso dal momento della squadra. Se poi è coinvolto uno come Steffen, è chiaro che si alza un grosso polverone”.
Steffen è un giocatore sempre molto discusso:
“Sì, ma è un trascinatore, uno che ci mette sempre l’anima. E gli allenatori vogliono giocatori con questa personalità, sempre che questa attitudine, sia calibrata su una modalità positiva”.
Con Mangiarratti non si può non parlare della situazione dell’AC Bellinzona: dentro e fuori dal campo.
“Il primo auspicio, è che si salvi. Ma ritengo che abbia una buona squadra per la categoria e con quei sei punti che le hanno tolto, saremmo forse qui a parlare di un altro campionato. Anche perché queste penalizzazioni creano dello sconforto a livello di squadra”.
E poi c’è l’aspetto esterno:
“Sarebbe bello se entrambe le parti facessero un passo l’uno verso l’altro. Anzi, ormai le parti in causa sono addirittura tre: il Comune, il club e i tifosi. Dispiace un po’ vedere solo 500 persone alle persone, ma bisogna anche dire che l’attuale Comunale non invoglia tantissimo ad andare allo stadio”.
L’infrastruttura è importante:
“Certo, lo diceva già Isoz vent’anni fa che senza stadio non si può giocare. Il contenitore è una condizione imprescindibile, ma vediamo che anche in altre parti della Svizzera, Zurigo e Aarau su tutti, si hanno delle grosse difficoltà con la costruzione di nuovi impianti. Alla fine, come in ogni cosa, oltre alla volontà, ci vogliono i soldi”.
Chiudiamo con la speranza per il futuro:
“Qualche contatto in questi mesi c’è stato: il mio auspicio è quello di poter prendere il posto di un allenatore che faccia un salto in avanti nella sua carriera. Significherebbe che in quel club si può lavorare bene. Ma in Svizzera non è facile trovare una squadra, soprattutto per noi “tessiner””.
Qualcosa di buono però Mangiarratti l’ha fatto in questi anni:
“Spero di aver lasciato qualche buon ricordo, qualche traccia del mio lavoro. Ho ricevuto degli apprezzamenti, ora vediamo se si tradurrà in qualcosa di concreto”.
Ogni tanto, con la mente, Alessandro Mangiarratti, torna su quell’esonero, com’è normale che sia:
“Ho fatto ovviamente un’analisi e alla fine, nonostante tutto, la responsabilità è comunque mia. Ci sono mancate un paio di vittorie in casa”.
Ci sono però anche delle attenuanti:
“Abbiamo iniziato la stagione con una squadra incompleta, con giocatori che non conoscevano il campionato e con qualche infortunio di troppo. E poi c’è stata la vicenda di Kevin Carlos, alla fine venduto al Basilea”.
All’Yverdon, nel frattempo, è arrivato anche Marchesano:
“È un giocatore che cambia il volto alle squadre. Ma adesso sono rientrati anche diversi elementi che erano fuori per infortunio: spero davvero che si salvino”.
Lontano dal campo, bisogna comunque restare aggiornati:
“Una volta era più facile fare visita ad altri allenatori, ora non ti fanno più entrare così facilmente. Esiste un po’ di sana “gelosia”, com’è normale che sia”.
Allo stadio o in televisione, ci sono comunque modelli da seguire, vere e proprie fonti d’ispirazione:
“Guardiola lo si guarda sempre, ma a me, quest’anno, piace particolarmente il Liverpool di Slot. Un po’ diverso da quello di Klopp, almeno nel modo di difendere. E poi c’è Arteta, che non è proprio una novità, ma che adesso, con il suo Arsenal, sa anche difendere basso”.
Il lavoro dell’allenatore è difficilissimo: anche Ancelotti, in queste ore, è fortemente criticato.
“Come ha detto Croci-Torti recentemente, ormai ci si dimentica di cosa si è fatto l’altro ieri. Nel calcio a vincere è soltanto uno, ma vanno dati grandi meriti a chi nel tempo è riuscito a costruire qualcosa”.
Domenica Mangiarratti era a Cornaredo ad assistere a Lugano-San Gallo:
“Ho visto un Lugano che nonostante le difficoltà non si snatura. Come dice il Crus, faticano un po’ a buttarla dentro e poi prendono gol per colpa di piccoli dettagli: è un momento così, in cui magari manca un po’ di fiducia. Ma era importante qualificarsi per il girone finale: ora l’obiettivo dev’essere quello di ottenere un posto in Europa”.
Bianconeri che sono bersagliati, ormai da tempo, dagli infortuni:
“Nel calcio moderno, la gestione dei carichi è una delle cose più difficili. Quando si hanno così tanti infortuni, si analizza la casistica e tra staff medico e chi gestisce la preparazione fisica, si cerca di capirne i motivi. Non è sempre facile trovare delle soluzioni, anche perché a volti si è confrontati con giocatori predisposti agli infortuni”.
È importante anche l’aspetto mentale, vero?
“Assolutamente. A volte, quando si gioca di meno, si è più rilassati ma magari anche un po’ meno concentrati. Comunque, non è mai facile individuare le vere cause”.
Una cosa è certa: avere una panchina importante, può essere fondamentale:
“Con i cinque cambi, oggi la panchina è determinante. L’allenatore può cambiare mezza squadra: a volte la freschezza di chi entra può modificare l’esito di una partita. Ricordiamo a Lugano, Amoura, che quando entrava nell’ultima mezz’ora, spezzava le partite da solo. Adesso mancano anche Mahou e Bottani, per non parlare di Belhadj a centrocampo, tutti elementi importanti per Croci-Torti”.
Negli scorsi giorni si è parlato tanto anche della rissa in allenamento tra Steffen e Papadopoulos:
“Sono cose che, per fortuna, capitano. Dico per fortuna, perché significa che in squadra c’è energia. Ovviamente va canalizzata, però significa che la squadra è viva. Sia da allenatore che da giocatore ho vissuto tanti di questi episodi: a volte si vengono a sapere, altre no, dipende spesso dal momento della squadra. Se poi è coinvolto uno come Steffen, è chiaro che si alza un grosso polverone”.
Steffen è un giocatore sempre molto discusso:
“Sì, ma è un trascinatore, uno che ci mette sempre l’anima. E gli allenatori vogliono giocatori con questa personalità, sempre che questa attitudine, sia calibrata su una modalità positiva”.
Con Mangiarratti non si può non parlare della situazione dell’AC Bellinzona: dentro e fuori dal campo.
“Il primo auspicio, è che si salvi. Ma ritengo che abbia una buona squadra per la categoria e con quei sei punti che le hanno tolto, saremmo forse qui a parlare di un altro campionato. Anche perché queste penalizzazioni creano dello sconforto a livello di squadra”.
E poi c’è l’aspetto esterno:
“Sarebbe bello se entrambe le parti facessero un passo l’uno verso l’altro. Anzi, ormai le parti in causa sono addirittura tre: il Comune, il club e i tifosi. Dispiace un po’ vedere solo 500 persone alle persone, ma bisogna anche dire che l’attuale Comunale non invoglia tantissimo ad andare allo stadio”.
L’infrastruttura è importante:
“Certo, lo diceva già Isoz vent’anni fa che senza stadio non si può giocare. Il contenitore è una condizione imprescindibile, ma vediamo che anche in altre parti della Svizzera, Zurigo e Aarau su tutti, si hanno delle grosse difficoltà con la costruzione di nuovi impianti. Alla fine, come in ogni cosa, oltre alla volontà, ci vogliono i soldi”.
Chiudiamo con la speranza per il futuro:
“Qualche contatto in questi mesi c’è stato: il mio auspicio è quello di poter prendere il posto di un allenatore che faccia un salto in avanti nella sua carriera. Significherebbe che in quel club si può lavorare bene. Ma in Svizzera non è facile trovare una squadra, soprattutto per noi “tessiner””.
Qualcosa di buono però Mangiarratti l’ha fatto in questi anni:
“Spero di aver lasciato qualche buon ricordo, qualche traccia del mio lavoro. Ho ricevuto degli apprezzamenti, ora vediamo se si tradurrà in qualcosa di concreto”.
(Foto ENLA)