Angelo Renzetti continua ad amare il Lugano: gioisce quando vince,
soffre quando le cose vanno male. Ricorda i suoi tempi, duri, certo, ma che gli
avevano anche regalato grandi sorrisi e bei ricordi, da conservare gelosamente
nella propria memoria.
L’ex presidente è uno che dice sempre quello che pensa, anche risultando a volte scomodo.
E il momento del Lugano, decisamente complicato, è uno di quelli che spinge alla critica, a cercare di capire cosa non funziona più in una macchina che sembrava perfetta.
Partiamo da lì, per arrivare poi ad Alioski, giocatore che l’ex presidente aveva preso una decina di anni or sono dallo Sciaffusa.
Angelo, cosa succede al Lugano?
“Direi che ci sono due aspetti che bisogna scindere: l’aspetto societario e quello sportivo”.
Partiamo da quello societario:
“Quando le cose non vanno bene, si nota che manca un po’ il legame con l’ambiente ticinese. C’è un certo distacco che salta fuori in questi momenti. Quando si è in difficoltà, ogni tanto hai bisogno che il “territorio” ti dia una mano, che dimostri solidarietà, soprattutto dal punto di vista umano. E in società, mi sembra che manchi un po’ questa impronta ticinese”.
E dal punto di vista sportivo?
“Credo che sia mancato qualcosa sul mercato invernale e poi, naturalmente, i tanti infortunati, soprattutto in attacco, che hanno privato Croci-Torti di importanti alternative. Anche lui è un uomo, e quando si è sotto pressione e bisogna ottenere risultati a tutti i costi, ogni tanto si può sbagliare”.
Sei fiducioso per il finale di stagione?
“Spero che si possano riprendere, ma il momento non è certo di quelli positivi”.
Hai sentito la notizia di Alioski?
“Sì, certo. Penso che sia una bella cosa, anche per la tifoseria, ma stiamo pur sempre parlando di un giocatore di 33 anni.
Lo prenderesti?
“Sì, se questo non comportasse una grande spesa. Insomma, non mi svenerei”.
Perché?
“Perché è un buon giocatore, ma non è Shaqiri…”.
L’ex presidente è uno che dice sempre quello che pensa, anche risultando a volte scomodo.
E il momento del Lugano, decisamente complicato, è uno di quelli che spinge alla critica, a cercare di capire cosa non funziona più in una macchina che sembrava perfetta.
Partiamo da lì, per arrivare poi ad Alioski, giocatore che l’ex presidente aveva preso una decina di anni or sono dallo Sciaffusa.
Angelo, cosa succede al Lugano?
“Direi che ci sono due aspetti che bisogna scindere: l’aspetto societario e quello sportivo”.
Partiamo da quello societario:
“Quando le cose non vanno bene, si nota che manca un po’ il legame con l’ambiente ticinese. C’è un certo distacco che salta fuori in questi momenti. Quando si è in difficoltà, ogni tanto hai bisogno che il “territorio” ti dia una mano, che dimostri solidarietà, soprattutto dal punto di vista umano. E in società, mi sembra che manchi un po’ questa impronta ticinese”.
E dal punto di vista sportivo?
“Credo che sia mancato qualcosa sul mercato invernale e poi, naturalmente, i tanti infortunati, soprattutto in attacco, che hanno privato Croci-Torti di importanti alternative. Anche lui è un uomo, e quando si è sotto pressione e bisogna ottenere risultati a tutti i costi, ogni tanto si può sbagliare”.
Sei fiducioso per il finale di stagione?
“Spero che si possano riprendere, ma il momento non è certo di quelli positivi”.
Hai sentito la notizia di Alioski?
“Sì, certo. Penso che sia una bella cosa, anche per la tifoseria, ma stiamo pur sempre parlando di un giocatore di 33 anni.
Lo prenderesti?
“Sì, se questo non comportasse una grande spesa. Insomma, non mi svenerei”.
Perché?
“Perché è un buon giocatore, ma non è Shaqiri…”.