Sannino non ha mai parlato volentieri del suo passato di allenatore, di vittorie (anche di sconfitte, ci mancherebbe), di gioie e dolori Parla anche poco della soddisfazione di essere arrivato ad allenare nella nostra Challenge League, che non sarà la ‘fine del mondo’ ma è di tutto rispetto. Non che abbia coronato un sogno, è felice di allenare e basta. Lui, tra pochi giorni 68.enne, in compagnia di colleghi molto più giovani (Iacopetta ed Hämmerli sfiorano appena la quarantina, Schneider e Stevanovic hanno superato di poco il tetto dei 40, più giovani anche Mauro Lustrinelli, 1976, e Adrian Ursea, 1967).
Non è però di „distanze" anagrafiche che intendiamo parlare (il grande Louis Maurer stava ancora sulla panca del Comunale ultra settantenne), bensì della scelta - senza dubbio coraggiosa - del patron di affidare la conduzione di una squadra a rischio retrocessione a un tecnico cosciente del fatto che alla fine i conti potrebbero anche non tornare (nel caso succedesse il peggio, ma è lecito essere ottimisti).
Non è però di „distanze" anagrafiche che intendiamo parlare (il grande Louis Maurer stava ancora sulla panca del Comunale ultra settantenne), bensì della scelta - senza dubbio coraggiosa - del patron di affidare la conduzione di una squadra a rischio retrocessione a un tecnico cosciente del fatto che alla fine i conti potrebbero anche non tornare (nel caso succedesse il peggio, ma è lecito essere ottimisti).
Bentancur e Martignoni Polti sulla bontà di questa scelta tecnica - che potremmo definire da ‘ultima spiaggia’, considerata la lunga serie negativa - si sono espressi molto positivamente sottolinenando l’importanza del risultato (la vittoria mancava dal 25 gennaio, con Sannino ce ne sono state due di fila). Era giunto il momento di mutare rotta, di anteporre a un gioco comunque di buona fattura (con Rosas e Benavente) e a uno spogliatoio affiatato e compatto („Siamo un gruppo bellissimo“ - ci si è spesso fatto notare da questo e quel giocatore), un cambiamento ‚totale‘ (dí ritmo, carattere e relazioni). Allenamenti più ‚tirati‘, un rapporto più profondo tra allenatore e giocatori. C’è voluto Giuseppe Sannino affinché la squadra si ricompattasse! È interessante, pensiamo, sentire che cosa dice un giocatore (Krasniqi) del mister che peraltro aveva avuto (a Nyon) un “debutto da incubo”.
Jetmir, come è cambiato il vostro rapporto con l’allenatore?
“Ci siamo capiti immediatamente, stabilendo un ottimo feeling. Sia a livello lavorativo che personale” (più dialogo tra le parti interessate, ndr").
Lo abbiamo notato anche durante la settimana:
“Vero, anche quando ci alleniamo, se uno sbaglia, dietro c’è sempre un compagno pronto ad aiutarlo. In pratica ogni allenamento è come giocare una partita”.
Che cosa ha portato in più Sannino?
“Grinta, aggressività (la ‘cattiveria’ buona che prima non c’era, ndr), amore per il calcio”.
Non è cosa da poco, è bravo anche nella gestione dell’ansia:
“In panchina fa di tutto per aiutarci, gridando e anche sgridandoci. Lo fa per il bene della squadra, ci dice che lui vuole essere il dodicesimo uomo sul campo”.
Avete vinto una partita di capitale importanza, quella contro lo Stade Nyonnais. Possiamo dire che è fatta… in fatto di salvezza?
“A me onestamente non interessa più di tanto se possiamo ritenerci salvi o no. Sono uno che guarda sempre avanti, voglioso - come i miei compagni - di ripartire a luglio con una squadra più forte “.
Ti piacerebbe rimanere a Bellinzona?
“Per quanto mi riguarda sicuramente, ne parleremo a fine maggio”.
Jetmir, come è cambiato il vostro rapporto con l’allenatore?
“Ci siamo capiti immediatamente, stabilendo un ottimo feeling. Sia a livello lavorativo che personale” (più dialogo tra le parti interessate, ndr").
Lo abbiamo notato anche durante la settimana:
“Vero, anche quando ci alleniamo, se uno sbaglia, dietro c’è sempre un compagno pronto ad aiutarlo. In pratica ogni allenamento è come giocare una partita”.
Che cosa ha portato in più Sannino?
“Grinta, aggressività (la ‘cattiveria’ buona che prima non c’era, ndr), amore per il calcio”.
Non è cosa da poco, è bravo anche nella gestione dell’ansia:
“In panchina fa di tutto per aiutarci, gridando e anche sgridandoci. Lo fa per il bene della squadra, ci dice che lui vuole essere il dodicesimo uomo sul campo”.
Avete vinto una partita di capitale importanza, quella contro lo Stade Nyonnais. Possiamo dire che è fatta… in fatto di salvezza?
“A me onestamente non interessa più di tanto se possiamo ritenerci salvi o no. Sono uno che guarda sempre avanti, voglioso - come i miei compagni - di ripartire a luglio con una squadra più forte “.
Ti piacerebbe rimanere a Bellinzona?
“Per quanto mi riguarda sicuramente, ne parleremo a fine maggio”.
La preparazione fisica, più intensa di prima, si sta facendo sentire, il gioco - a partire dal centrocampo, che è sempre stato giudicato il reparto più debole (infatti lo è ancora) è diventato più efficace, permettendo alla squadra di sviluppare un gioco maggiormente offensivo, al punto da non lasciare l’attacco all’asciutto di gol (5 nelle ultime due gare). Un contributo sostanziale lo danno sull’out Jetmir Krasniqi e Dragan Mihajlovic, due giocatori che non tradiscono le loro attitudini offensive. Oggi come oggi indispensabili alla squadra.
(Foto Filippo Zanovello)