L'agenzia mondiale antidoping ha raggiunto un
accordo con Jannik Sinner per chiudere il caso Clostebol: il tennista italiano
è stato sospeso per tre mesi, con la squalifica che è partita ufficialmente lo
scorso 9 febbraio e si concluderà il 4 maggio. Salterà quattro Master 1000 e
probabilmente si rivedrà in campo per gli Internazionali di Roma che partiranno
il 7 maggio. L'altoatesino e il suo entourage hanno deciso di non impugnare la
decisione della WADA ma di accettare il periodo di squalifica per chiudere
ufficialmente questo capitolo. Il tennista ha commentato la sanzione attraverso
un comunicato ufficiale in cui prende atto della sospensione e annuncia
l'accordo fatto con l'agenzia mondiale antidoping, spiegando anche il perché
della sua decisione.
"Questa vicenda mi tormentava da quasi un anno e il processo sarebbe potuto durare ancora a lungo, con una decisione forse solo alla fine dell'anno. Ho sempre accettato di essere responsabile del mio team e riconosco che le rigide regole della WADA sono una protezione importante per lo sport che amo. Su questa base, ho accettato l'offerta della WADA di risolvere il procedimento con una sanzione di tre mesi".
Fin qui, la cronaca, che ovviamente non basta a chiudere un capitolo controverso e che continuerà a far discutere.
Per chi non ricorda cosa sia successo, nella primavera del 2024, Sinner fu trovato positivo a un controllo antidoping: nel suo sangue fu trovato del clostebol, uno steoride che serve per aumentare la massa muscolare. La colpa, nel suo caso, era di una pomata cicatrizzante che gli aveva spalmato il suo fisioterapista.
La ITIA (International Tennis Integrity Agency), un organo indipendente che lavora per l'ATP, la WTA, l'ATF e il comitato del quattro slam, aveva stabilito che non c’era volontarietà e che dunque, non ci sarebbe stata squalifica.
La WADA, l’agenzia mondiale dell’antidoping, una emanazione del CIO e che non si occupa soltanto di tennis, si è opposta e in prima istanza aveva chiesto da 1 a 2 anni di squalifica.
Oggi la sentenza del secondo grado: tre mesi. Un compromesso, che, come detto, farà discutere. Difficile capire questa retromarcia.
Sinner colpevole di negligenza? Sì, è lui il responsabile del suo staff. Giusto che paghi, anche se ciò che ha fatto non lo ha avvantaggiato sul piano sportivo.
Insomma, la flessibilità, anche in presenza di regolamenti che sembrano intoccabili, è giusto che prevalga. Ogni caso è diverso. Sta ai vari tribunali stabilirlo. Per buona pace di chi voleva una sanzione esemplare. Anche se sentire parlare di "accordo", in casi come questi, può essere difficile da capire e accettare.
"Questa vicenda mi tormentava da quasi un anno e il processo sarebbe potuto durare ancora a lungo, con una decisione forse solo alla fine dell'anno. Ho sempre accettato di essere responsabile del mio team e riconosco che le rigide regole della WADA sono una protezione importante per lo sport che amo. Su questa base, ho accettato l'offerta della WADA di risolvere il procedimento con una sanzione di tre mesi".
Fin qui, la cronaca, che ovviamente non basta a chiudere un capitolo controverso e che continuerà a far discutere.
Per chi non ricorda cosa sia successo, nella primavera del 2024, Sinner fu trovato positivo a un controllo antidoping: nel suo sangue fu trovato del clostebol, uno steoride che serve per aumentare la massa muscolare. La colpa, nel suo caso, era di una pomata cicatrizzante che gli aveva spalmato il suo fisioterapista.
La ITIA (International Tennis Integrity Agency), un organo indipendente che lavora per l'ATP, la WTA, l'ATF e il comitato del quattro slam, aveva stabilito che non c’era volontarietà e che dunque, non ci sarebbe stata squalifica.
La WADA, l’agenzia mondiale dell’antidoping, una emanazione del CIO e che non si occupa soltanto di tennis, si è opposta e in prima istanza aveva chiesto da 1 a 2 anni di squalifica.
Oggi la sentenza del secondo grado: tre mesi. Un compromesso, che, come detto, farà discutere. Difficile capire questa retromarcia.
Sinner colpevole di negligenza? Sì, è lui il responsabile del suo staff. Giusto che paghi, anche se ciò che ha fatto non lo ha avvantaggiato sul piano sportivo.
Insomma, la flessibilità, anche in presenza di regolamenti che sembrano intoccabili, è giusto che prevalga. Ogni caso è diverso. Sta ai vari tribunali stabilirlo. Per buona pace di chi voleva una sanzione esemplare. Anche se sentire parlare di "accordo", in casi come questi, può essere difficile da capire e accettare.